I Derivati

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I derivati sono strumenti finanziari complessi che, per l’alto grado di diffusione sul mercato hanno finito per acquisire un ruolo di assoluta centralità nell’intera economia globale.

I derivati (così come si desume dalla parola) non sono titoli muniti di un proprio valore intrinseco bensì derivano il loro valore da altri prodotti finanziari ovvero da beni reali alla cui variazione di prezzo essi sono agganciati: il titolo o il bene la cui quotazione imprime il valore al derivato assume il nome di sottostante. In linea astratta, i derivati possono assolvere tanto ad una funzione protettiva (ossia di copertura) da uno specifico rischio di mercato quanto ad una finalità meramente speculativa.

Di fatto i derivati si siano concretizzati come strumento speculativo; ogni derivato ha ad oggetto una previsione sull’andamento futuro di un particolare indice di prezzo, come quotazioni di titoli, tassi d’interesse, tassi di cambio tra valute diverse, prezzi di merci o di materie prime, ecc.

Caratteristica del derivato è quella di essere uno strumento finanziario acquistabile sui mercati da un numero indefinito di scommettitori che non vantano alcun rapporto diretto col titolo (o col bene) sottostante o che, in altre parole, non sono direttamente coinvolti nell’operazione finanziaria dal cui andamento il prodotto derivato trae il suo valore.

Nella pratica finanziaria è permesso a chiunque di comprare un derivato il cui valore è collegato al rischio di solvibilità di un altro; gli acquirenti di un derivato scelgono di scommettere sulla capacità del debitore di onorare quel determinato prestito.

La conseguenza è che, se l’operazione sottostante va male per gli scommettitori, l’effetto di leva del derivato moltiplica il rischio finanziario fino a fargli assumere una portata sistemica, come in effetti sta accadendo nel corso della grande crisi che stiamo vivendo.

A seguito crisi finanziaria gli istituti bancari sono riusciti, tramite i derivati, a scaricare le conseguenze della crisi sui settori produttivi dell’economia reale (le imprese) e sugli enti pubblici (quindi, in fin dei conti, sulla stessa collettività).

Nei rapporti tra banche e clienti (imprese ed enti pubblici), si è registrata negli ultimi anni un’imponente diffusione di una ben determinata categoria di prodotti derivati, gli swap, quasi sempre presentati come utili strumenti di copertura dai rischi di mercato.

Molti problemi però sono sorti in quanto la negoziazione dei prodotti swap venduti ai clienti delle banche è avvenuta per la maggior parte al di fuori dei mercati regolamentati (in inglese: Over The Counter).

In sostanza, le banche in numerosi casi hanno venduto ai loro clienti dei prodotti derivati privi degli elementi standard definiti dalle autorità di mercato e con delle caratteristiche molto spesso decise unilateralmente dalle sole banche (ad esempio, negoziando strumenti derivati O.T.C., le banche hanno avuto ampio margine nel definire autonomamente elementi quali il sottostante, il moltiplicatore in euro, le scadenze di negoziazione, il movimento minimo di prezzo, i prezzi di chiusura, i prezzi finali per il regolamento, ecc.).

In tale contesto, molti clienti (pubblici e privati), non avendo le conoscenze tecniche-bancarie, hanno sottoscritto dei derivati dannosi per il proprio equilibrio finanziario.

Sul punto la Corte di Cassazione ha stabilito - con la sentenza n. 3773 della Prima sezione civile, depositata il 17 febbraio, una indicazione degli obblighi di trasparenza che riguardano gli intermediari finanziari e, a proposito di derivati, spiega che l'avvertimento che deve essere dato al risparmiatore quando le perdite iniziano a farsi eccessive non può essere rispettato con la sola comunicazione periodica dell'esito delle operazioni.


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