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Movimentazioni dei rapporti di conto corrente e mezzi di prova. (Corte di Cassazione, Sezione Civile n. 38976 del 07.12.2021). Featured

Movimentazione dei rapporti di conto corrente [..]

  • Data:28 Dicembre

Con la decisione in esame la Suprema Corte chiarisce, nei rapporti tra correntista ed istituto di credito, la valenza di altri mezzi di prova oltre all'estratto conto.

Il caso riguardava una società la quale agiva in giudizio nei confronti di un istituto bancario rilevando che nei due rapporti di conto corrente erano stati applicati interessi anatocistici ed interessi debitori ultralegali.

Parte attrice, pertanto, chiedeva accertarsi la nullità delle clausole nonché l'accertamento del saldo dei due conti con condanna della banca alla ripetizione dell'indebito.

L'istituto di credito si costituiva in giudizio dove eccepiva la prescrizione del diritto nonché la fondatezza della domanda di parte attrice.

A seguito di consulenza tecnica il Tribunale condannava la banca alla ripetizione dell'indebito.

Parte soccombente agiva dinanzi alla Corte di Appello competente che accoglieva parzialmente il gravame rideterminando la somma dovuta a titolo di indebito.

La vicenda giungeva così dinanzi alla Suprema Corte dove la società denunciava violazione e falsa applicazione dell'art. 2709 e 2710 c.c. in considerazione del fatto che il giudice di appello non aveva tenuto conto del partitario contabile prodotto in causa.

Gli Ermellini, in accoglimento del ricorso, cassavano con rinvio la decisione impugnata.

In particolare la Suprema Corte evidenziava come la Corte di appello aveva ritenuto non valide, ai fini  della ricostruzione dell'andamento dei due rapporti in questione, le scritture contabili in quanto provenienti dalla parte correntista.

A parere dei Supremi Giudici, la Corte aveva errato ad escludere la valenza probatoria delle scritture contabili.

L'estratto conto, infatti, non costituisce l'unico mezzo di prova atto a ricostruire le movimentazioni dei rapporti tra correntista ed istituto bancario.

Commento dell'Avv. Carlo Cavalletti

(abilitato alla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione)

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Nullità dell'anatocismo se non pattuito per iscritto. (Corte di Cassazione, Sezione Civile n. 9140 del 19.05.2020 Featured

Nullità dell'anatocismo se non pattuito [..]

  • Data:10 Ottobre

 

La pronuncia interviene in tema di anatocismo bancario affermando un importante principio.

In particolare sancisce l'illegittimità dell'anatocismo per il periodo post 2000 e relativamente ai conti aperti prima dello stesso anno tranne nei casi in cui vi sia stata una pattuizione per iscritto.

Fino all'intervento della Corte, nelle controversie in materia di anatocismo, gli istituti di credito sostenevano la legittimità delle clausole in virtù della comunicazione data ai correntisti.

A tal fine veniva ritenuta sufficiente la pubblicazione dell’adeguamento alla delibera CICR nella Gazzetta Ufficiale al 30/06/2000.

Lo strumento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale rappresentava, quindi, lo strumento usato dagli istituti di credito nei Tribunali per giustificare l'illegittimo addebito di interessi anatocistici.

La pronuncia in commento scardina tale meccanismo.

Nello specifico si evidenziava che la delibera CICR 2000 è stata emanata in un contesto normativo che è subito mutato. Infatti, a seguito dell'emanazione delle delibera, pochi mesi dopo, la Corte Costituzionale è intervenuta dichiarando l'illegittimità dell’art. 25 D.lgs 342/99 nella parte in cui validava la piena legittimità delle clausole anatocistiche.

Sulla base di quanto sopra il meccanismo di legittimazione delle clausole è divenuto inoperante.

La Suprema Corte, in sostanza, ha ritenuto che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non fosse sufficiente a legittimare l'anatocismo ma occorreva una nuova pattuizione tra le parti interessate.

Pertanto, nel caso in cui le parti non avessero provveduto a sottoscrivere un nuovo contratto, pur in presenza della delibera CICR del 2000, le clausole in materia di anatocismo sarebbero risultate illegittime e nulle.

Commento dell'Avv. Carlo Cavalletti

(abilitato alla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione)

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Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente (Cassazione Civile - sezione I - n. 5919/2016 del 24.3.2016) Featured

Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente4... ... 

  • Data: 07 Ottobre
La sentenza che andiamo a trattare rappresenta un forte cambiamento di pensiero della Suprema Corte in materia di contratti bancari e finanziari, suscettibile di avere un effetto dirompente in tutti quei contenziosi, in cui si discute sulla validità del contratto riportante una sola firma e prodotto in giudizio, ossia caratterizzato dalla presenza sul documento della sola sottoscrizione del cliente, mentre manca la firma della banca o dell’intermediario finanziario.

Come è noto, la disciplina dei contratti bancari e finanziari prevede la necessità di forma scritta del contratto a pena di nullità (art. 117 T.U.B. e art 23 T.U.F.) e trattasi di nullità che può essere fatta valere solo dal cliente se ritenuta a suo vantaggio (art. 127 T.U.B. e art 23 T.U.F.).

Le conseguenze non sono prive di rilievo: in caso mancanza di forma scritta del contratto, il cliente bancario potrà agire per far dichiarare la nullità degli interessi ultralegali, delle commissioni e spese addebitatigli in costanza di rapporto, con effetti restitutori in proprio favore ; del pari l’investitore finanziario potrà far valere la nullità del contratto quadro privo di forma scritta e conseguentemente far dichiarare la nullità di tutti gli ordini di investimento esecutivi di quello che si siano rivelati per lui sfavorevoli, con effetti restitutori e/o risarcitori a proprio vantaggio.

Prima di tale sentenza la giurisprudenza di merito aveva ritenuto che, in presenza di contratto sottoscritto dal solo cliente, la previsione di forma scritta ad substantiam fosse comunque raggiunta qualora il documento rechi la dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato” ritenendo che con tale dicitura si potesse supplire alla mancanza della sottoscrizione.

La Corte statuisce che la sottoscrizione da parte del cliente della dicitura "prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi" sposta la verifica del requisito della forma scritta ad substantiam sul piano della prova, ove trova applicazione la disposizione dettata dal codice civile che consente di supplire alla mancanza dell'atto scritto nel solo caso previsto dall'art. 2725 cc, comma 2, che richiama l'art. 2724., n. 3, ossia nell'ipotesi in cui il contraente abbia perso senza sua colpa il documento che gli forniva la prova del contratto.

Sempre la Corte riferisce non si può parlare di "perdita", ai sensi l'art. 2724 c.c., nel caso della consegna del documento alla controparte contrattuale che contiene la propria sottoscrizione e quindi non può attribuirsi valore confessorio alla dichiarazione del cliente di aver ricevuto copia del contratto sottoscritto dai rappresentanti della banca, né potrebbe ammettersi eventualmente una prova testimoniale sul punto, ai fini della prova della sussistenza nella fattispecie del requisito della forma scritta del contratto richiesto ai sensi di legge.

Quanto poi alla questione se la validità del contratto privo della firma della banca possa essere ricollegata alla produzione in giudizio da parte di quest’ultima del medesimo documento ovvero a comportamenti concludenti posti in essere dalla stessa banca e documentati per iscritto (es. produzione in giudizio di contabili, ordini di esecuzione, estratti conto ecc.) da cui si evidenzierebbe la volontà di quest’ultima di avvalersi del contratto, la Corte, rileva che l’eventuale produzione in giudizio del contratto firmato dall’altra parte non può che avere effetti contrattuali perfezionativi ex nunc e non ex tunc. D'altro canto, aggiunge la Corte, far discendere la validità dell'ordine di acquisto dal perfezionamento soltanto successivo del "contratto quadro" non è pensabile, stante il principio dell'inammissibilità della convalida del contratto nullo.

Circa il comportamento tenuto dalle parti in costanza di contratto con una sola firma, la Suprema Corte afferma che, in generale, nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, il criterio ermeneutico della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non può evidenziare una formazione del consenso al di fuori dello scritto medesimo. La forma scritta, quando è richiesta ad substantiam, è insomma elemento importante o meglio decisivo del contratto, nel senso che il documento deve essere l'evoluzione formale e diretta della volontà delle parti di concludere un determinato contratto avente una data causa, un dato oggetto e determinate pattuizioni, sicchè occorre che il documento sia stato creato al fine specifico di manifestare per iscritto la volontà delle parti diretta alla conclusione del contratto.

Afferma quindi la Corte che l’eventuale documentazione depositata dalla banca (contabili, attestati di seguito, estratti conto) non determina i caratteri della "estrinsecazione diretta della volontà contrattuale", trattandosi piuttosto di documentazione predisposta e consegnata in esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto il cui perfezionamento si intende dimostrare e, cioè, da comportamenti attuativi di esso e, in definitiva, di comportamenti concludenti che, per definizione, non possono validamente dar luogo alla stipulazione di un contratto formale.

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Avv. Carlo Cavalletti Patrocinante in Cassazione

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La Banca deve restituire le somme indebitamente riscosse nel contratto di c/c Ai sensi del D.L. 24.1.2012 n. 1 è stata prevista la nullità radicale di tutte le clausole che prevedono commissioni a favore della banca a fronte di linee di credito Featured

La Banca deve restituire le somme indebitamente riscosse [...] 

  • Data: 07 Ottobre
La Banca deve restituire le somme indebitamente riscosse nel contratto di conto corrente. Ai sensi del D.L. 24.1.2012 n. 1, convertito con modificazioni della L. 24.3.2012 n. 27 è stata prevista la nullità radicale di tutte le clausole che prevedono commissioni a favore della banca a fronte di linee di credito (Tribunale di Lucca rg. 60649/2016 sentenza n. 1202/2016).

Quello che andiamo a commentare concerne una controversia tra una Banca e un cliente che decideva di promuovere - dinanzi al Tribunale di Lucca – azione giudiziaria per la invalidità, nullità e/o annullabilità del contratto di conto corrente e di apertura di credito mediante affidamento con scopertura sul c/c oltre invalidità della applicazione degli interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale.
Nel corso del giudizio la difesa del correntista provvedeva a produrre il contratto di apertura di c/c e gli estratti conto relativi al periodo 1992/2000 nonché lettera a/r ai fini della dimostrazione dell’avvenuta interruzione della prescrizione oltre ad una perizia contabile.
L’Istituto Bancario contestava ogni pretesa riferendo che la Banca si era adeguata alla delibera CICR del 9.2.2000.
Il Giudice accoglie le ragioni del correntista rigettando dapprima l’eccezione di prescrizione e riferendo, nel merito, come la difesa dell’attrice ha adempiuto a tutti gli oneri di allegazione tra cui gli estratti conto.
Il Giudice, nella sua motivazione, afferma poi che risulta giusto lo scomputo della commissione di massimo scoperto poiché, in forza del D.L. 24.1.2012 n. 1, convertito con modificazioni della L. 24.3.2012 n. 27 è stata prevista la nullità radicale di tutte le clausole che prevedono commissioni a favore della banca a fronte di linee di credito, del loro mantenimento e del loro utilizzo, anche in caso di sconfinamenti oltre il limite del fido o in assenza di affidamento.


 
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La mancata allegazione dei fatti costitutivi nell'opposizione a precetto determina la inammissibilità delle richieste istruttorie. Rigetto opposizione a precetto (Tribunale di Livorno sentenza 828 anno 2016 rep. 1489 anno 2016) Featured

La mancata allegazione dei fatti costitutivi nell'opposizione..[..]

  • Data: 06

 

La mancata allegazione dei fatti costitutivi nell'opposizione a precetto determina la inammissibilità delle richieste istruttorie. Rigetto opposizione a precetto (Tribunale di Livorno sentenza 828 anno 2016 rep. 1489 anno 2016)
La società finanziaria spa - difesa dall'avv. Carlo Cavalletti - notificava precetto cambiario alla società debitrice la quale presentava opposizione ex art. 615 c.p.c sostenendo che la consegna del titolo era risultato di un comportamento violento e che gli interessi applicati risultavano moratori.

La società finanziaria si difendeva eccependo la inammissibilità della CTU contabile trattandosi di una contestazione del tutto generica in quanto la società opponente si era limitata a riferire come “il tasso applicato sia da usura”.

L'istanza di ammissione di CTU contabile veniva quindi ritenuta del tutto esplorativa.

Altresì il G.I. rilevava come non veniva contestata la sottoscrizione della cambiale ma dedotta la nullità del contratto posto a fondamento per un comportamento estorsivo e minaccioso dei rappresentati legali della finanziaria.

Anche tali contestazioni sono risultate del tutto generiche e inutili riguardo alle richieste formulate da parte opponente in quanto veniva richiesta la nullità e non l'annullabilità che era stata posta a fondamento del contratto.

Rileva ancora il G.I. come parte attrice non ha fornito alcuna prova delle allegazioni così che viene rigettata la opposizione a precetto e confermata la somma dovuta oltre alla condanna delle spese legali così come da dispositivo.

Si specifica peraltro che parte attrice opponente aveva presentato denuncia-querela presso la Procura della Repubblica cui seguiva archiviazione a favore della finanziaria.




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Anatocismo vietato anche con la capitalizzazione annuale: Cassazione Civile – sentenza 6 maggio 2015 9127- Featured

Anatocismo vietato anche con la capitalizzazione [..].

  • Data: 06

Con la presente sentenza la Suprema Corte di Cassazione ha concluso una disputa giurisprudenziale stabilendo che l’anatocismo è vietato indipendentemente dagli anni in cui sia applicata la pratica scorretta.

Dopo la capitalizzazione trimestrale anche quella annuale deve, quindi, ritenersi illegittima, in quanto è irrilevante l’arco temporale entro cui la banca applica una pratica scorretta che non trova riscontro in norme ed usi che possano legittimarla.

Il caso concerne un correntista che aveva aperto un contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria e successivamente gli era stata notificata una ingiunzione di pagamento da parte della banca con sorte capitale di un milione di euro.

A nulla sono valse le obiezioni della banca secondo la quale, per parte della giurisprudenza, pur essendo dichiarata illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi, debba ritenersi implicita la sussistenza di usi normativi che legittimano la capitalizzazione annuale.

Secondo la Corte di Cassazione tale giurisprudenza va smentita in quanto, nella legislazione succedutasi non si rileva alcuna consuetudine alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori.

Quindi la prassi di capitalizzare gli interessi annualmente è del tutto arbitraria e va ritenuta illegittima.

La suddetta sentenza si inserisce nell’ormai consolidato filone giurisprudenziale secondo cui l’anatocismo deve essere vietato e non risulta ammissibile così come già previsto dalla legge n. 147/2013 che ha posto fine alla prassi degli interessi sugli interessi.

Avv. Carlo Cavalletti
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